OSCAR FERRARI

di DANIELE BARINA

Il più eloquente complimento rivolto ad Oscar Ferrari, non è di molte parole: ascoltato il nastrino d’un suo concerto dal vivo, un noto programmista radiofonico romano con 15 anni di Rai Stereonotte sulle spalle, uno che ha quindi salutato la nascita di centinaia di nuovi stili e di chissà quante mode, è letteralmente caduto dalla sedia, urlando al miracolo.
Ma chi era mai questo Oscar e da dove saltava fuori?
All’inizio cantava in una punk band bolzanina, i Giovanni XXIII°, allo scioglimento della quale fonda i Gabbiani dei Fari. Dopo essersi dovuto reinventare anche come musicista, non solo a fini compositivi più ambiziosi ma anche per potersi rendere solitario protagonista d’incursioni sui palchi altrui con la chitarra acustica a tracolla, approfitta d’intervalli e cambi scena per presentare il suo pirotecnico repertorio, riscuotendo spesso maggior successo degli artisti per i quali la gente aveva pagato il biglietto.
Innamorato delle schiette vocalità in voga negli anni ’60, da Jimmi Fontana a Bruno Martino, da Don Backy a Don Lurio, ne affina gli inutili versi, in virtù del suo humor e del gusto per gli opposti, la capacità d’identificare al volo l’esatto reciproco d’ogni situazione della vita. Unico in Italia a saper riassumere un problema sociale in quattro parole, dopo essersi preso il lusso di vincere a mani basse, scrivendo per altri o in prima persona, numerose edizioni del Festival di Ascoli dedicato all’ironia in note, si evolve anche musicalmente, abbracciando un rock venato di funky e finendo per non disdegnare nemmeno rap e jazz.
Crea perciò i Nuovi Tori, duttile band con cui tentare diverse soluzioni e rivisitare i suoi cavalli di battaglia, sparpagliati in due prove discografiche funestate soltanto dalla sciattoneria di produttori poco avveduti, inabili a riconoscere ed inserire un cavallo di razza tra i suoi pari.
Con una taglia sulla testa, messa dai Testimoni di Geova rimasti offesi da un suo brano che li presentava al mondo in termini crudi ma quantomai veritieri, scartato da Costanzo come intrattenitore fisso del Parioli a beneficio di più scontati e malleabili zerbini, ottiene solo un, peraltro memorabile, passaggio sulla Tv di Stato nel programma che Giancarlo Magalli conduceva a mezzogiorno per attempate casalinghe, un numero imprecisato delle quali decede dopo aver ascoltato la sua canzone.
Realizza allora un disco di musica house, il belluino maxi single Lady Diana, che mentre s’avvia a conquistare una facile leadership nelle U.K. charts di genere, per l’errore di manovra di un autista francese, viene bandito con decreto della Corona dal suolo britannico.
Chiunque, a quel punto, si sarebbe arreso: ma non lui, che arriva dopo lunghe ore trascorse in campagna, a questa ennesima, ulteriore sfida discografica intitolata “Contro tutti”. Una sfida che ricorda molto quella che ha lanciato anni fa dalla vetrina del suo negozio, in piena epoca after punk, alle tranquille comari di quartiere che ancor oggi vanno da lui a comprare la verdura: i bigliettini coi prezzi indicavano infatti prodotti quali “mele schifose” o “zucchine putrescenti”, mentre l’intestazione dello scontrino recitava “da Oscar, il ladro” ed il suo epilogo era “grazie per esservi fatti inculare”.

Conoscete qualcun altro che avrebbe mai tanto coraggio?

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